Vi spiego i silenzi

Mi ricordo di lettere d’amore scritte senza il minimo pudore.
Mi ricordo di messaggi chilometrici inviati a tarda notte.
Mi ricordo che credevo nelle mie poesie.
Quand’è che ho smesso di raccontare, di sputare il veleno, di vomitare il sangue, di lasciarmi cadere e chiedere a qualcuno di afferrarmi al volo? Questo non me lo ricordo. So solo che c’è stato un momento in cui le mie parole si sono svuotate, come se avessi messo tutto il senso di cui ero capace in qualcosa che ho già detto e che non so ripetere; come se la mia voce, ad un certo punto, fosse diventata solo rumore.
Sarà per quanto ho urlato pur di farmi ascoltare da chi invece era già troppo distante.
Sarà per i silenzi bastardi che ho dovuto sopportare quando ero io a chiedere parole.
Sarà che, forse, più semplicemente, si cresce e la pelle s’indurisce, così le cose fanno più fatica quando cercano di uscire.

Oppure, e questo è quello che mi sembra più plausibile, ho dimenticato tutte le belle frasi di cui ero capace nelle tue tasche. Chi mi sta accanto mi perdonerà, ma non ho il coraggio di venire a riprenderle.

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